2.4.1.1.4. l’accatastamento dei “fabbricati fantasma” e l’efficacia fiscale delle rendite attribuite |
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Si parla di “fabbricato fantasma” quanto il fabbricato non è censito in catasto ovvero è accatastato in maniera difforme rispetto allo stato di fatto. Nel corso degli ultimi anni si sono succedute diverse norme volte ad individuare ed accatastare (conformemente rispetto allo stato di fatto ed alla effettiva destinazione) tutte le unità immobiliari esistenti sul territorio. In primis, ai sensi dell’art. 1, commi 336 e 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il Comune che accerta, in qualsiasi modo (utilizzando, ad esempio, l’archivio edilizio comunale, l’archivio delle licenze commerciali, i verbali di accertamento di violazioni edilizie, la cartografia tecnica, le immagini territoriali) la presenza sul proprio territorio di unità immobiliari di proprietà privata non accatastate ovvero per le quali le risultanze catastali risultano non più coerenti con le situazioni di fatto per intervenute variazioni edilizie, può richiedere in qualsiasi momento al proprietario dell’immobile di provvedere all’accatastamento ovvero all’aggiornamento delle risultanze catastali, mediante l’applicazione della procedura DOCFA (le modalità di presentazione delle richieste di accatastamento ovvero di variazione catastale sono descritte nella circolare dell’Agenzia del territorio 03 gennaio 2006, n. 1(80)).
La richiesta del Comune, da notificarsi ai titolari dei diritti reali sull’immobile, deve contenere i dati catastali dell’immobile (la particella di terreno sulla quale è stata realizzata la costruzione non accatastata ovvero la sezione, il foglio, la particella e il subalterno oggetto della variazione edilizia), gli elementi contestati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, l’indicazione dell’obbligo per il contribuente di provvedere, entro il termine di novanta giorni dalla notifica della richiesta, all’accatastamento ovvero all’aggiornamento delle risultanze catastali utilizzando la procedura DOCFA nonché l’indicazione delle conseguenze derivanti dal mancato accatastamento ovvero dalla mancata variazione catastale entro detto termine. La richiesta del Comune, corredata degli estremi della notificazione, deve essere comunicata all’Agenzia del territorio, la quale, in caso di mancato accatastamento ovvero della mancata variazione catastale da parte del contribuente entro il suddetto termine di novanta giorni, provvede (non è previsto un termine per detto adempimento) d’ufficio al classamento dell’immobile non censito ovvero all’aggiornamento delle risultanze catastali alla situazione di fatto dell’immobile con oneri a carico dell’interessato ed irrogazioni delle relative sanzioni che, ai sensi del comma 338 dello stesso art. 1 della legge n. 311 del 2004, sono state aumentate fissandole da un minimo di € 258,00 ad un massimo di € 2.066,00 per ciascuna unità immobiliare. Se a tal fine si rende necessario il sopralluogo, prima di procedere, l’Agenzia del territorio (con anticipo di almeno trenta giorni), invia a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, una specifica comunicazione, ai soggetti destinatari della richiesta inoltrata dal Comune, indicando il giorno e l’ora in cui sarà eseguito l’accesso all’unità immobiliare, oltre al nominativo del tecnico incaricato del sopralluogo e del responsabile del procedimento (circolare Agenzia del territorio 04 agosto 2005, n. 10(81)). Nella comunicazione è precisato che: • fino a tre giorni prima della data fissata dal sopralluogo, i soggetti interessati possono comunque produrre autonomamente il documento di aggiornamento in catasto; • dopo la data stabilita per la visita sopralluogo, qualora sia prodotta dalla parte un documento di aggiornamento, sono comunque addebitate le spese fino a quel momento sostenute dall’Ufficio. Nel caso che l’accesso sia impedito, a chiunque fa opposizione risulta applicabile la sanzione richiamata all’articolo 31 del citato Regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, che all’attualità è da stabilirsi fra il minimo di € 10,00 ed il massimo di € 103,00. In ogni caso, si procede all’attribuzione delle rendita variata, sulla base degli elementi indiziari emergenti dalla documentazione resa disponibile dal Comune e dei dati acquisibili, mediante sopralluogo, dall’esterno della unità immobiliare, con addebito delle spese sostenute. Le nuove rendite attribuite a seguito di detto procedimento sono notificate agli interessati dall’Agenzia del territorio in collaborazione con il Comune. Queste nuove rendite producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1º gennaio dell’anno di notifica della richiesta del Comune. A tal fine, una importante novità si è avuta con l’approvazione dell’art.34-quinquies del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4 convertito dalla legge 09 marzo 2006, n. 80, che ha ridotto il termine previsto per la presentazione dell’accatastamento delle unità immobiliari ovvero della denuncia di intervenuta variazione catastale. Detto termine, previsto dal regio decreto n. 652 del 1939, prima fissato al 31 gennaio dell’anno successivo a quello nel corso del quale si era avuta l’ultimazione dei lavori ovvero era intervenuta la variazione, è stato rideterminato in 30 giorni decorrenti dall’ultimazione dei lavori ovvero dall’intervenuta variazione.
Fermo restante la predetta disciplina di iniziativa comunale, ai sensi dell’art. 1, comma 277, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in caso di mancato accatastamento, il classamento può essere richiesto al titolare del diritto reale di godimento direttamente dall’Agenzia del territorio. In caso di inottemperanza, entro 90 giorni dalla richiesta, si procede al classamento d’ufficio con addebito di spese e della sanzione per il mancato accatastamento. Successivamente, ai sensi del comma 36 dell’art. 2 del decreto legge 03 ottobre 2006, n. 262 convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, l’Agenzia del territorio, a seguito di telerilevamento e sovrapposizione dei dati con le risultanze dell’archivio catastale, ha pubblicato per ciascun Comune (eccetto quelli per i quali vige il regime tavolare) gli elenchi delle particelle di terreno sulla quali insistono costruzioni non accatastate (la pubblicazione degli elenchi è stata ultimata in data 29 settembre 2010). Negli elenchi sono state altresì evidenziate, qualora accertate, le data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione al catasto. Entro sette mesi dalla pubblicazione degli elenchi, i titolari dei diritti reali dei fabbricati non accatastati, avrebbero dovuto procedere al classamento. In caso di mancato accatastamento “spontaneo”, è previsto il classamento d’ufficio con oneri a carico dell’interessato. Le rendite catastali dichiarate dal contribuente ovvero attribuite d’ufficio producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale se indicata negli elenchi pubblicati, ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione degli elenchi.
Ai sensi dell’art. 19, commi da 7 a 13, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e dell’art. 2, comma 5bis, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225 convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, per tutti gli elenchi pubblicati dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, il termine per la presentazione del DOCFA è stato differito al 30 aprile 2011 (i DOCFA presentati sono trasmessi dall’Agenzia del territorio ai Comuni per la verifica della conformità urbanistica-edilizia). È stato, altresì, stabilito che in caso di mancata presentazione del DOCFA entro il predetto termine, l’Agenzia del territorio, nelle more della sua presentazione, iscrive transitoriamente in catasto, con oneri a carico dell’interessato (determinati con il Provvedimento n. 24.826 del 19 aprile 2011), una rendita presunta anche sulla base degli elementi tecnici forniti dai Comuni. Ai fini della attribuzione della rendita presunta l’Agenzia del territorio ha stipulato apposite convenzioni con gli Organismi rappresentativi delle categorie professionali. L’Agenzia del territorio notifica gli atti di attribuzione della rendita presunta mediante affissione all’albo pretorio dei comuni dove sono ubicati gli immobili. Dell’avvenuta affissione è data notizia con comunicato da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, nel sito internet dell’Agenzia del territorio, nonché presso gli uffici provinciali ed i comuni interessati. Trascorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del comunicato nella Gazzetta Ufficiale, decorrono i termini per la proposizione del ricorso dinanzi alla commissione tributaria provinciale competente. In deroga alle vigenti disposizioni, la rendita catastale presunta e quella successivamente dichiarata come rendita proposta o attribuita come rendita catastale definitiva producono effetti fiscali fin dalla loro iscrizione in catasto, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, salva la prova contraria volta a dimostrare, in sede di autotutela, una diversa decorrenza (la deroga non vale, e quindi si applicano gli ordinari termini di decadenza per il recupero delle imposte non versate, per chi ha regolarizzato “spontaneamente” entro il 30 aprile 2011). Sulla base della rendita presunta, il contribuente deve versare l’imposta salvo conguaglio a seguito dell’attribuzione della rendita definitiva (va osservato che la norma non prevede il termine e le modalità per effettuare detto conguaglio). Come chiarito dall’Agenzia del territorio con la circolare 18 novembre 2011, n. 7(82), anche dopo l’attribuzione della rendita presunta rimane l’obbligo per il contribuente di procedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale, in mancanza si procede d’ufficio.
Il predetto obbligo è stato confermato dall’art. 11, comma 7, del decreto legge n. 16 del 2012 che ha stabilito che per le unità immobiliari per le quali è stata attribuita la rendita presunta, i soggetti obbligati devono provvedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale entro 120 giorni dalla data di pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale (3 maggio 2012), del comunicato che dà notizia dell’avvenuta affissione all’albo pretorio del comune degli atti di attribuzione della rendita presunta. In caso di mancata presentazione entro detto termine si applicano le sanzioni amministrative previste per il mancato accatastamento. Anche per gli immobili che hanno subito una variazione della destinazione d’uso ovvero della consistenza non dichiarata in catasto, le stesse disposizioni legislative hanno previsto l’obbligo di presentazione del DOCFA entro il 30 aprile 2011, stabilendo che in mancanza si procede al classamento d’ufficio a seguito anche delle convenzioni stipulate con gli Organismi rappresentativi delle categorie professionali. Per detti immobili, però, essendo già iscritti in catasto con una rendita (ancorché non più corrispondente alla situazione di fatto) non è prevista la procedura di attribuzione della rendita presunta sopra descritta. Dal 1° gennaio 2011, inoltre, ai fini della individuazione di ulteriori fabbricati non dichiarati, è previsto un monitoraggio costante dell’Agenzia del territorio anche con la collaborazione dei Comuni. A seguito di detta attività, sono pubblicati ulteriori elenchi di particelle di terreno su cui insistono fabbricati non censiti ed il titolare del diritto reale di godimento sugli stessi deve procedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale entro sette mesi dalla data di pubblicazione degli stessi. Nelle more della presentazione dei DOCFA, l’Agenzia del territorio iscrive transitoriamente in catasto delle rendite presunte anche sulla base degli elementi tecnici forniti dai Comuni. Va ricordato, infine, che per lo svolgimento delle attività istruttorie finalizzate all’accertamento catastale, all’Agenzia del territorio sono stati conferiti i poteri previsti dagli artt. 51 e 52 del DPR n. 633 del 1972 in materia di IVA (poteri di ispezione, accesso, invito e verifiche).
A completamento, si ricorda che ai sensi dell’art. 2, comma 10, lettera a) e comma 12, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, è stato previsto che viene devoluto al Comune il maggior gettito derivante dall’accatastamento degli immobili finora non dichiarati al catasto nonché il 75% delle sanzioni irrogate per il mancato accatastamento che, per le violazioni commesse dal 1° luglio 2011, sono fissate da un minimo di € 1.032 ad un massimo di € 8.264 (quadruplicando quelle prima fissate dal ricordato comma 338 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004). Infine, sempre con l’obiettivo della emersione dei fabbricati non accatastati ovvero censiti in maniera difforme rispetto alla stato di fatto, l’art. 19, commi da 14 a 16, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 ha elencato gli elementi che, a partire dal 1° luglio 2010, devono necessariamente contenere gli atti pubblici e le scritture private tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti ad esclusione dei diritti reali di garanzia. Tra questi, oltre alla identificazione catastale, al riferimento alle planimetrie depositate in catasto, alla verifica di conformità degli intestatari catastali con quelli risultanti in Conservatoria dei registri immobiliari, vi deve essere la dichiarazione, resa dai cedenti, della conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto del fabbricati. La predetta dichiarazione può essere sostituita da una attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato a presentare il DOCFA. La mancanza dei suddetti elementi comporta la nullità dell’atto. È chiaro, pertanto, che il proprietario di un fabbricato non conforme, non potendo produrre la predetta dichiarazione, non può procedere alla vendita del fabbricato fino a quanto perdura la difformità dello stato di fatto rispetto al classamento catastale. Il sistema funziona in quanto, essendo stata prevista la sanzione della nullità dell’atto, il controllo sulla esistenza e veridicità della dichiarazione del cedente è fatta direttamente dall’acquirente. A tal fine, l’Agenzia del territorio con la circolare 10 agosto 2010, n. 3(83) ha chiarito che assume rilievo ogni variazione della consistenza, della categoria e della classe e, quindi, della rendita catastale. Pertanto, non vi è conformità quando varia almeno uno dei predetti elementi (si pensi, ad esempio, ad un fabbricato accatastato per tre vani ma che di fatto è composto da quattro vani a seguito della costruzione di una parete divisoria ovvero ad un locale destinato a deposito, accatastato C/2, ma che di fatto è utilizzato come negozio e, quindi, da accatastare in categoria C/1, ancorché non vi è stata alcuna modifica strutturale). Se, invece, ancorché lo stato di fatto non coincide con la planimetria depositata in catasto, non vi è una modifica di alcuno degli elementi sopra ricordati (consistenza, categoria e classe), può comunque essere dichiarata la conformità (si pensi, ad esempio, ad un fabbricato accatastato tre vani per il quale si è provveduto soltanto a spostare una parete divisoria senza, però, modificarne la consistenza). Dalla predetta disposizione (attiene esclusivamente alle “unità immobiliari”) restano esclusi i fabbricati in categoria “F” (F/1: aree urbane; F/2: unità collabenti; F/3: unità in corso di costruzione; F/4: unità in corso di definizione; F/5: lastrici solari; F/6: fabbricati in attesa di dichiarazione) e i c.d. “beni comuni non censibili” cioè quei beni comuni a più unità immobiliari e privi di rendita (ad es. androni, scale, aree di passaggio, cortili e terrazzi condominiali, ecc.). Per i “beni comuni censibili” ad es. la casa del portiere, la dichiarazione di conformità allo stato di fatto non è dovuta nel caso in cui il trasferimento “delle relative quote o diritti” avvenga unitamente al trasferimento dell’unità immobiliare oggetto di compravendita (il condomino vende la propria abitazione e, unitamente, cede anche la quota millesimale del bene comune non censibile); mentre è dovuta qualora il “bene comune censibile” sia oggetto di autonomo trasferimento (si vende proprio il bene comune non censibile). Inoltre, la stessa Agenzia del territorio, con la circolare 18 novembre 2011, n. 7(82), ha chiarito che nel periodo intercorrente tra l’attribuzione della rendita presunta ai “fabbricati fantasma” e quella definitiva a seguito della presentazione del DOCFA ovvero dell’accatastamento d’ufficio, non è possibile attestare la conformità dell’immobile. Ciò in quanto, per detti fabbricati non si procede all’aggiornamento cartografico e non sono redatti i relativi elaborati grafici, pertanto viene a mancare il raffronto con la planimetria depositata in catasto. Sempre a partire dal 1° luglio 2010, anche la registrazione dei contratti di locazione nonché la loro cessione, risoluzione o proroga anche tacita devono contenere l’indicazione dei dati catastali. La mancanza o l’errata indicazione dei dati catastali è punita con la sanzione dal 120% al 240% dell’imposta di registro. Per entrambe le disposizioni (cessione tra vivi di diritti reali di godimento e contratti di locazione) dove vige il regime tavolare le regioni a statuto speciale e le province autonome adottano apposite disposizioni per assicurare il coordinamento con l’ordinamento tavolare. |