2.3.11. la soggettività passiva a seguito di assegnazione della casa coniugale nel procedimento di separazione o divorzio |
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In un primo momento all’imposta municipale propria si applicavano le medesime disposizioni previste per l’ICI, ovvero che dall’assegnazione della casa ex coniugale non derivava alcuna variazione della soggettività passiva. Infatti, quando nel procedimento di separazione personale la casa adibita a dimora familiare veniva assegnata ad uno dei due coniugi, non costituendosi un diritto reale di godimento, non si avevano effetti sulla soggettività passiva; pertanto soggetti passivi rimanevano gli stessi soggetti che lo erano prima della separazione. Nel caso in cui, quindi, l’abitazione era di proprietà del solo coniuge non assegnatario, questi solo continuava ad essere il soggetto passivo anche dopo che il giudice della separazione aveva assegnato l’alloggio all’altro coniuge; nell’ipotesi, invece, di comproprietà della casa coniugale, dopo l’assegnazione della casa ad uno dei coniugi, entrambi i coniugi continuavano ad essere soggetti passivi indipendentemente da chi aveva avuto l’assegnazione della stessa; ciò in quanto detto provvedimento non era idoneo a costituire un diritto reale di godimento (di uso o di abitazione) a favore dell’assegnatario, ma solo un diritto di natura personale avente ad oggetto la facoltà di godimento della ex casa coniugale (tra le altre, Corte di Cassazione, sez. I, 19 settembre 2005, n. 18476(42); Corte di Cassazione, sez. trib., 16 marzo 2007, n. 6192(43) e Corte di Cassazione, sez. trib., 20 ottobre 2008, n. 25486(44)). L’art. 4, comma 12quinquies, del decreto legge n. 16 del 2012, però, ha previsto che dal provvedimento di assegnazione della casa ex coniugale ad uno dei due coniugi, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale propria, deriva la soggettività passiva in capo al coniuge assegnatario. Pertanto, a seguito del provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, possono verificarsi due casistiche: 1) la casa ex coniugale viene assegnata ad uno dei due coniugi, il soggetto passivo è il coniuge assegnatario; 2) la casa ex coniugale viene assegnata ad un soggetto diverso dai due coniugi (ad esempio ad un figlio), ciascuno dei due ex coniugi rimangono soggetti passivi per le rispettive quote di possesso.
Il soggetto passivo dell’imposta municipale propria è in ogni caso il coniuge assegnatario salvo quando l’immobile era detenuto in locazione. Ad affermarlo è stato il Ministero con la risoluzione 28 marzo 2013, n. 5/DF(45). Come è noto, il comma 12quinquies dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 2012 stabilisce che “ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale … l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione”. Secondo il Ministero, l’espressione “in ogni caso” utilizzata dal legislatore deve essere riferita ad ogni caso in cui non vi sia una diversa espressa disposizione. Pertanto, in considerazione che l’art. 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392 prevede che “in caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest’ultimo”, in caso di locazione, la soggettività passiva IMU non si rinviene in capo al coniuge assegnatario; quest’ultimo, infatti, sulla base della previsione della successione nel contratto di locazione, utilizza l’immobile sulla base di un titolo giuridico diverso da quello del diritto reale di abitazione previsto dal comma 12quinquies dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 2012. Ne consegue, sempre secondo il Ministero, che il coniuge assegnatario è soggetto passivo IMU nel caso in cui l’immobile sia di proprietà, interamente o pro-quota, del coniuge non assegnatario ed in quello in cui lo stesso immobile sia stato concesso in comodato agli ex coniugi e non anche in quello in cui l’immobile era detenuto da questi ultimi in locazione. L’interpretazione del Ministero non appare convincente per diverse ragioni. In primis si evidenzia che all’espressione “in ogni caso” non può essere attribuito il significato voluto dal Ministero. La predetta espressione, infatti, non lascia spazio ad alcuna eccezione, neanche se vi fosse una diversa disciplina (tra l’altro non è così, come si chiarirà in seguito) contenuta in un’altra precedente disposizione legislativa. Qualora il legislatore avesse voluto “salvare” precedenti disposizioni, infatti, avrebbe utilizzato una diversa espressione quale, ad esempio, “salva diversa disposizione” ovvero “restano ferme le disposizioni previste da ….”. Inoltre, le due disposizioni legislative sopra richiamate sono assolutamente differenti, in quanto mentre la legge n. 392 del 1978 prevede (come affermato dallo stesso Ministero nella risoluzione in oggetto) una successione in un diritto di natura personale, il decreto legge n. 16 del 2012 disciplina una successione in un diritto reale (senza considerare che vi sarebbe una ulteriore precisazione da fare in caso di “annullamento” del matrimonio, previsto dall’ultima disposizione legislativa ma non dalla prima che, invece, si limita soltanto ai casi di “separazione giudiziale”, “scioglimento” e “cessazione degli effetti civili” dello stesso). Inoltre, ai sensi dell’art. 155quater del c.c. anche in caso di comodato quando si assegna la casa ad uno dei coniugi si ha l’assegnazione di un diritto di natura personale. Invero, all’espressione “in ogni caso” dovrebbe essere attribuito un diverso significato, ossia in ciascuna delle quattro casistiche previste dalla legge (separazione, scioglimento, annullamento e cessazione degli effetti civili del matrimonio) ovvero con riferimento a qualunque quota di possesso, a titolo di proprietà o altro diritto reale di godimento, rinvenibile in capo al coniuge non assegnatario. La ratio della disposizione (nata da un lungo e tortuoso percorso, che ha interessato l’imposta comunale sugli immobili, costellato di errate interpretazioni ministeriali e di numerosi differenti interventi della giurisprudenza di legittimità e transitato per la previsione contenuta nel comma 3bis dell’art. 6 del decreto legge n. 504 del 1992, di cui si dirà in seguito, applicabile anche all’IMU per effetto del richiamo effettuato dal comma 10 dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011), infatti, è quella di traslare la soggettività passiva, per tutta o parte dell’imposta, dal coniuge non assegnatario a quello assegnatario senza incidere, in alcun modo, sulla soggettività passiva in capo a soggetti “estranei” dal matrimonio. Se si volesse seguire l’interpretazione ministeriale, infatti, oltre a quanto sopra evidenziato, si andrebbe ad incidere sulla soggettività passiva di un soggetto per effetto di un evento che attiene a soggetti diversi. In altre parole, l’imposta anziché essere pagata dal coniuge non assegnatario è dovuta da quello assegnatario che continua a “godere” dell’abitazione. Pertanto, non solo il coniuge assegnatario non diventa soggetto passivo in caso di immobile detenuto in locazione ma neanche quando vi è un comodato. Viceversa, il coniuge assegnatario è soggetto passivo, oltre per la sua quota di possesso “qualificato”, ex art. 1140 del codice civile, anche per la quota di possesso “qualificato” del coniuge non assegnatario; sulle restanti quote di possesso “qualificate” appartenenti ad altri soggetti “estranei” al matrimonio, la disposizione in oggetto non esplica alcuna conseguenza. Va, inoltre, ricordato che affinché si verifichi l’effetto traslativo è necessario che vi sia stato uno dei provvedimenti enumerati dalla norma; non basta, quindi, ad esempio, la mera “assegnazione temporanea” in attesa dello svolgimento del procedimento giudiziario. Si ricorda, infine, che sul punto un’altra interpretazione ministeriale non condivisibile è contenuta nella circolare n. 3/DF del 2012(1), secondo la quale, per effetto della intervenuta previsione in oggetto, risulterebbe tacitamente abrogato il sopra richiamato comma 10 dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011 nella parte in cui dispone l’applicazione all’IMU della previsione contenuta nel comma 3bis dell’art. 6 del decreto legge n. 504 del 1992. Quest’ultima disposizione prevede che “Il soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta assegnatario della casa coniugale, determina l’imposta dovuta applicando l’aliquota deliberata dal comune per l’abitazione principale e le detrazioni di cui all’articolo 8, commi 2 e 2-bis, calcolate in proporzione alla quota posseduta. Le disposizioni del presente comma si applicano a condizione che il soggetto passivo non sia titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale”. Secondo il Ministero, l’abrogazione tacita si rinverrebbe dal fatto che la materia è stata regolata diversamente dall’art. 4, comma 12quinquies, del decreto legge n. 16 del 2012; pertanto, l’abitazione principale sarebbe rinvenibile soltanto con riferimento al coniuge assegnatario, in quanto quello non assegnatario risulterebbe escluso dalla soggettività passiva. L’interpretazione ministeriale si basa, quindi, sulla presunta incompatibilità delle due disposizioni legislative, con conseguente abrogazione tacita della prima, ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale. Se è pur vero che il comma 12quinquies dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 2012 ha introdotto una novità in tema di soggetti passivi dell’imposta municipale propria, riconoscendo nel coniuge assegnatario il soggetto obbligato al pagamento dell’imposta, indipendentemente dal possesso “qualificato” dell’immobile (come sopra evidenziato), a ben vedere le due norme non risultano incompatibili. Invero, mentre l’art. 4, comma 12quinquies, del decreto legge n. 16 del 2012 attiene al caso in cui l’abitazione ex coniugale venga assegnata ad uno dei due coniugi, l’art. 6, comma 3bis, del decreto legislativo n. 504 del 1992 (richiamato dall’art. 13, comma 10, ultimo periodo, del decreto legge n. 201 del 2011) disciplina la soggettività passiva in capo al coniuge non assegnatario, stabilendone un’apposita agevolazione fiscale (il trattamento di favore previsto per l’abitazione principale). Pertanto, le due disposizioni possono coesistere nel sistema in quanto ben può accadere (come in effetti accade, seppur in maniera non molto frequente) che la ex casa coniugale non venga assegnata ad alcuno dei due coniugi bensì ad un soggetto diverso (ad esempio ad un figlio della coppia). In quest’ultimo caso, mentre è inapplicabile l’art. 4, comma 12quinquies, del decreto legge n. 16 del 2012 (non vi è un coniuge assegnatario), i coniugi non assegnatari possono considerare l’immobile adibito ad abitazione principale qualora siano in possesso dei requisiti previsti dall’art. 6, comma 3bis, del decreto legislativo n. 504 del 1992. La disposizione è stata abrogata a partire dall’anno 2014, come si chiarirà in seguito.
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