3.6. La modalità di determinazione delle tariffe |
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La disciplina concernente la modalità di determinazione delle tariffe è contenuta nei commi da 651 a 654 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013. In particolare, riproponendo, di fatto, la medesima scelta operata per l’anno 2013 con l’art. 5 del decreto legge n. 102 del 2013, è stabilito che il Comune può determinare le tariffe alternativamente utilizzando i criteri stabiliti con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 (c.d. “metodo normalizzato”) ovvero, nel rispetto del principio comunitario “chi inquina paga”, commisurandole alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi ed alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio del ciclo integrato dei rifiuti. In quest’ultimo caso, le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal Comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti. In pratica, il Comune può applicare una tariffa binomia (parte fissa e parte variabile), utilizzando i criteri previsti dal metodo normalizzato, eventualmente adattandoli alla propria realtà, ovvero una tariffa monomia (x € al mq) approvando specifici coefficienti, per le diverse categorie di contribuenti, che misurano la potenziale produzione dei rifiuti per ciascun metro quadrato. Per entrambi i metodi deve essere, comunque, assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, ricomprendendo anche i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche, ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori, comprovandone l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Inoltre, a partire dal 2016 (il termine è stato differito al 2018 dal comma 27 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208), nella determinazione dei predetti costi, il Comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard. Inoltre, il comma 9 dell’art. 7 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78 convertito dalla legge 6 agosto 2015, n. 125 ha aggiunto il comma 654bis che dispone che tra le componenti di costo vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla Tia1, alla Tia2 ed alla Tares. L’ultimo periodo del comma 652 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, introdotto della lettera e-bis) del comma 1 dell’art. 2 del decreto legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, dispone che nelle more della revisione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, al fine di semplificare l’individuazione dei coefficienti relativi alla graduazione delle tariffe il comune può prevedere per gli anni 2014 e 2015 (il comma 27 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha previsto la applicabilità della predetta deroga anche per le annualità 2016 e 2017) l’adozione dei coefficienti di cui all’allegato 1, tabelle 2, 3a, 3b, 4a e 4b, del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, inferiori ai minimi o superiori ai massimi ivi indicati del 50 per cento e può altresì non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b del medesimo allegato 1. In pratica per le predette annualità (dal 2014 al 2017) il Comune può:
•non considerare il coefficiente Ka (parte fissa delle utenze domestiche) e, quindi, applicare la tassa con riferimento soltanto al numero di componenti della famiglia; •derogare, nella misura massima del 50%, i limiti minimi e massimi dei coefficienti Kb (parte variabile delle utenze domestiche), Kc (parte fissa delle utenze non domestiche) e Kd (parte variabile delle utenze non domestiche).
L’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani
Definizione di rifiuto – Art. 183 d.lgs. n. 152 del 2006 Ogni sostanza od oggetto di cui il detentore: - si disfi - abbia l’obbligo di disfarsi - abbia deciso di disfarsi
Per disfarsi si intende la destinazione della sostanza: - allo smaltimento - al recupero
Classificazione dei rifiuti – Art. 184 d.lgs. n. 152 del 2006 “i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi”.
Sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g); c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua; e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).
Sono rifiuti speciali: a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.; b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis; c) i rifiuti da lavorazioni industriali; d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attività commerciali; f) i rifiuti da attività di servizio; g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie
Non rifiuti – Artt. 185 e 186 d.lgs. n. 152 del 2006 Non sono rifiuti: - Acque di scarico - Rifiuti radioattivi - Rifiuti minerari e di cava - Carogne, materie fecali e altre sostanze naturali utilizzate in agricoltura - Esplosivi in disuso - Vegetali non contaminati da alvei di scolo e irrigui - Materiale litoide estratto dalla manutenzione di corsi d’acqua - Terre e rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo - Sottoprodotti impiegati senza operazioni preliminari - Materiali che all’origine, senza trasformazioni preliminari, hanno carattere di materie secondarie
Delibera di assimilazione – Art. 198, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006 Natura giuridica: - atto regolamentare di competenza del consiglio comunale
Modalità di adozione: - criteri di cui alla deliberazione interministeriale del 27 luglio 1984 (in quanto non è stato ancora emanato il decreto ministeriale, previsto dalla lettera e) del comma 2 dell’art. 195 del decreto legislativo n. 152 del 2006, per la definizione dei criteri di assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani) - assimilazione esplicita - limiti qualitativi - limiti quantitativi (Corte di Cassazione, sez. trib., 16 giugno 2012, n. 9631)
Sostanze assimilabili: - rifiuti non domestici e non pericolosi
Sostanze non assimilabili: - non rifiuti - rifiuti pericolosi - imballaggi terziari (art. 226 del decreto legislativo n. 152 del 2006) - imballaggi secondari se non è stata attivata la raccolta differenziata (art. 226 del decreto legislativo n. 152 del 2006)
Rifiuti sanitari assimilabili DPR 15 luglio 2003, n. 254 Art. 2, comma 1, lett. g) - rifiuti delle cucine - rifiuti da ristorazione dei reparti di degenza non infettivi - vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi, rifiuti ingombranti - spazzatura e altri rifiuti non pericolosi assimilati agli urbani - indumenti e lenzuola monouso - gessi ortopedici e bende, assorbenti igienici, non dei degenti infettivi, pannolini pediatrici e i pannoloni, contenitori e sacche delle urine - rifiuti verdi
Assimilazione quantitativa dei rifiuti speciali a quelli urbani Linee guida Mef
Per le utenze di superficie complessiva, al netto delle superfici che non possono produrre rifiuti, superiore a mq. ___ (es. 500), si ha l’assimilazione qualora il rapporto tra la quantità globale (in Kg) di rifiuti prodotti e la superficie non superi il ___ % del valore massimo del corrispondente parametro Kd [Opzionale] Sono comunque assimilati agli urbani i rifiuti che superano il limite quantitativo di cui al comma precedente, purché il Comune, anche tramite il Gestore del servizio ed effettuate le opportune verifiche, specifichi - entro … giorni dalla dichiarazione presentata ai sensi dell’articolo 10, comma 5, dalle utenze che ritengono di superare il predetto limite quantitativo di assimilazione - le specifiche misure organizzative atte a gestire tali rifiuti.
Il Piano Finanziario
Fonti legislative: •decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158
Contenuto: •con il Piano Finanziario si determinano i costi del servizio: •distinguendoli in costi fissi e costi variabili
"il piano finanziario comprende: ·a) il programma degli interventi necessari, imposti dalla normativa ambientale o comunque deliberati dagli enti locali, e concernenti sia gli acquisti di beni o servizi, sia la realizzazione di impianti ·b) il piano finanziario degli investimenti, che indica l’impiego di risorse finanziarie necessarie a realizzare gli interventi programmati; ·c) la specifica dei beni, delle strutture e dei servizi disponibili, nonché il ricorso eventuale all’utilizzo di beni e strutture di terzi, o all’affidamento di servizi a terzi; ·d) le risorse finanziarie necessarie, completando il piano finanziario degli investimenti e indicando in termini di competenza i costi e gli oneri annuali e pluriennali
•i costi sono classificati in: •costi operativi di gestione (CG) •costi comuni (CC) •costi d’uso del capitale (CK)
•i costi operativi di gestione (CG): •Costi di gestione del ciclo dei servizi sui RSU indifferenziati (CGIND): ▪Costi Spazzamento e Lavaggio strade e piazze pubbliche (CSL) - FISSI ▪Costi di Raccolta e Trasporto RSU (CRT) - VARIABILI ▪Costi di Trattamento e Smaltimento RSU (CTS) - VARIABILI ▪Altri Costi (AC) (ad es. accantonamenti per rischi vari, costi per campagne informative, ecc.) – FISSI •Costi di gestione del ciclo della raccolta differenziata (CGD): ▪Costi di Raccolta Differenziata per materiale (CRD) - VARIABILI ▪Costi di Trattamento e Riciclo (CTR) (al netto dei proventi della vendita di materiale ed energia derivante da rifiuti) - VARIABILI •Nel computo dei costi CGD non sono inclusi: ▪i costi relativi alla raccolta dei rifiuti di imballaggio coperti dal Conai ▪i costi relativi alla raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari, a carico dei produttori e utilizzatori •I costi operativi di gestione fanno riferimento alle voci di bilancio per le seguenti categorie: ▪B6 = Costi per materie di consumo e merci (al netto di resi, abbuoni e sconti) ▪B7 = Costi per servizi ▪B8 = Costi per godimento di beni di terzi ▪B9 = Costo del personale ▪B11 = Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci ▪B12 = Accantonamento per rischi, nella misura massima ammessa dalle leggi e prassi fiscali ▪B13 = Altri accantonamenti ▪B14 = Oneri diversi di gestione
Nel Costo del personale (B9) va ricompreso anche il personale interinale, ma non il lavoro autonomo (va in B7). Comprende salari e stipendi, oneri sociali, trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza e simili (art. 2425 c.c.). Si computa entro il 50% e la parte restante va in CGG (Costi generali di gestione).
Tributo speciale per lo smaltimento dei rifiuti in discarica. Il tributo regionale di cui all’articolo 3, commi da 24 a 40, della legge n. 549/1995, costituisce a tutti gli effetti elemento di costo dell’attività di smaltimento dei rifiuti (CTS) e come tale va inserito nel PEF, come parte integrante del corrispettivo di smaltimento, sotto la voce servizi (B7).
Operazioni di sgombero della neve. L’art. 183, comma 1, lett. oo), d.lgs. 152/2006, definisce “Spazzamento delle strade” le modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazioni di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico, escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito, operazioni il cui costo non entrerà pertanto nel PEF.
Risorse con impiego promiscuo: imputazione pro quota.
Verde pubblico. No manutenzione e gestione del verde. Sì raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti verdi.
Accantonamenti per rischi (B12): passività probabili -fondo rischi per cause in corso (ad es. per danni a terzi) escluse quelle relative a imposte (che vanno imputate alla voce B14); -il fondo rischi per garanzie prestate a terzi (fidejussioni, avalli, girate, ecc.); -il fondo per rischi non assicurati.
Altri accantonamenti (B13): - fondo sostituzione e ripristino beni gratuitamente devolvibili (art.107, comma 2, TUIR); - il fondo manutenzione e ripristino dei beni di azienda condotta in affitto o in usufrutto; - fondo recupero ambientale. Non vi rientrano gli accantonamenti per quiescenza e previdenza di cui all’art.107, comma 2, TUIR, in quanto già ricompresi nel costo del personale (voce B9).
Oneri diversi (B14): gestione isole ecologiche, relativi sistemi informativi, azioni tese alla riduzione dei rifiuti (compostiere domestiche), attività di educazione ambientale mirata e campagne informative relative all’uso dei servizi.
Mutui. Nel caso in cui il comune abbia stipulato mutui per investimenti in attrezzature, impianti o immobili, le rate di mutuo non rientrano in quanto tali nei costi da inserire nel PEF, perché esse rappresentano un mero movimento di danaro, che non trova spazio in un documento redatto secondo criteri di contabilità economica. Rilevano, invece, gli interessi passivi di mutuo, da qualificare come costi comuni (CC), nonché le quote di ammortamento o i nuovi investimenti finanziati col mutuo, da qualificare come costi d’uso del capitale (CK).
•i costi comuni (CC): •Costi Amministrativi dell’Accertamento, della Riscossione e del Contenzioso (CARC) – FISSI: ▪costi del personale, compensi per consulenze, acquisto di beni e servizi da terzi •Costi Generali di Gestione (CGG) - FISSI: ▪quelli relativi al personale, di cui alla lettera B9 del precedente punto in misura non inferiore al 50% del loro ammontare •Costi Comuni Diversi (CCD) - FISSI ▪al netto del recupero dell’evasione e del contributo del MUIR ▪costi per studi e consulenze non inseribili nei costi operativi o nei costi amministrativi ▪il fondo rischi crediti ▪gli interessi passivi ▪i crediti inesigibili (per la parte non coperta da fondi svalutazione o rischi ovvero da garanzia assicurativa) divengono CCD quando: •la perdita risulta da elementi “certi e precisi” •se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali
Il criterio di allocazione dei costi comuni raccomandato è fondato sulla ponderazione rispetto all’incidenza del costo degli addetti (70%) ed alla incidenza del costo operativo sul totale (30%).
•i costi d’uso del capitale (CK) - FISSI: •Ammortamenti (Amm.) •Accantonamenti (Acc.) •Remunerazione del capitale investito (R)
CKn = Ammn + Accn + Rn
la remunerazione del capitale (Rn) è, almeno inizialmente, pari al prodotto tra tasso di remunerazione indicizzato all’andamento medio annuo del tasso dei titoli di Stato (Ts) aumentato di 2 punti percentuali e capitale netto investito dell’anno precedente (KNn-1) aumentato dei nuovi investimenti (In), ossia: Rn = (Ts + 2%) x (KNn-1+ In)
Il metodo prevede altresì che “in seguito” la remunerazione del capitale (Rn) è sviluppata nel tempo in base alla seguente formula: Rn = rn (KNn-l + In + Fn) dove: rn = tasso di remunerazione del capitale impiegato, non meglio identificato; KNn-1 = capitale netto contabilizzato dell’esercizio precedente (immobilizzazioni nette); In = investimenti realizzati nell’esercizio di riferimento; Fn = fattore correttivo in aumento per gli investimenti programmati e in riduzione per l’eventuale scostamento negativo ex-post, cioè riferito all’anno precedente, tra investimenti realizzati e investimenti programmati. La maggior indeterminatezza di quest’ultima formula ne consiglia un uso assai cauto.
•Il piano finanziario deve essere corredato da una relazione nella quale sono indicati i seguenti elementi: a) il modello gestionale ed organizzativo prescelto; b) i livelli di qualità del servizio ai quali deve essere commisurata la tariffa; c) la ricognizione degli impianti esistenti; d) con riferimento al piano dell’anno precedente, l’indicazione degli scostamenti che si siano eventualmente verificati e le relative motivazioni
•Sulla base del piano finanziario l’ente locale determina la tariffa e determina l’articolazione tariffaria
Predisposizione del Piano Finanziario: "collaborazione tra soggetto gestore del ciclo integrato dei rifiuti e Comune
Approvazione del Piano Finanziario: "Consiglio Comunale
Trasmissione del Piano Finanziario: •il soggetto gestore del ciclo dei rifiuti urbani ovvero i singoli comuni, provvedono annualmente, entro il mese di giugno, a trasmettere all’Osservatorio nazionale sui rifiuti copia del piano finanziario e della relazione •i dati relativi alle componenti di costo della tariffa sono comunicati annualmente
Pubblicazione del Piano Finanziario: "all’albo pretorio per 15 giorni
Altri adempimenti dei Comuni: •a decorrere dal 1 gennaio 2000 i comuni avviano, con forme adeguate, l’attivazione di servizi di raccolta differenziata dei rifiuti – isole ecologiche, raccolta porta a porta o similari, e di misure atte alla contestuale valutazione quantitativa ai fini del computo delle agevolazioni previste da corrispondere secondo modalità stabilite dai medesimi comuni
Le tariffe Fonti legislative: •decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158
Contenuto: •con la delibera di fissazione delle tariffe bisogna imputare i costi alle utenze domestiche ed alle utenze non domestiche
Ripartizione dei costi tra le utenze domestiche e non domestiche Linee guida Mef
Si può ricorrere a rilevazioni statistiche, anche a campione, relative alla specifica realtà comunale o a realtà similari per tessuto sociale ed economico.
È possibile altresì una determinazione “per differenza”, fondata sulla conoscenza della produzione globale annua di rifiuti (QT) e sulla produzione riferita all’insieme delle utenze domestiche (Qd) oppure all’insieme delle utenze non domestiche (Qnd), calcolando il termine incognito appunto per differenza rispetto al dato globale. In formule: Qnd = QT - Qd Qd = QT - Qdn
Per determinare Qd (e per differenza Qnd) si potrebbe moltiplicare la produzione media pro capite riferita alle utenze domestiche (determinata su base campionaria) per la popolazione presente sul territorio. Si deve peraltro tener presente che: a) i dati di produzione pro capite disponibili sono di regola riferiti all’insieme delle utenze domestiche e non domestiche e quindi non sono utilizzabili allo scopo; e b) che la popolazione servita può essere caratterizzata da un’elevata stagionalità in particolare nei comuni a vocazione turistica. Il metodo consente peraltro di determinare Qnd (e per differenza Qd) sulla base dei coefficienti di produttività Kd di cui alle tabelle 4a e 4b, all. 1, D.P.R. 158/1999, i quali esprimono non solo un mero “peso” in proporzione al quale vanno ripartiti i costi del servizio (come invece avviene per i parametri Kc), ma “coefficienti potenziali di produzione in kg/m2 anno”. Essi misurano quindi la produzione di rifiuti in peso per unità di superficie, sia pur in via potenziale o presunta, per ciascuna categoria di utenza. Più problematico appare invece utilizzare, in maniera analoga i coefficienti di produttività Kb relativi alle utenze domestiche, in particolare nei Comuni a vocazione turistica o comunque caratterizzati da significative modificazioni nella popolazione presente. Dal punto di vista operativo, quindi, se si moltiplica il valore attribuito a ciascun coefficiente Kd per la superficie complessiva imponibile relativa a ciascuna tipologia di attività, si ottiene la quantità di rifiuti presuntivamente attribuibile a ciascuna categoria di utenza. La sommatoria di tutti questi prodotti esprime così la quantità di rifiuti complessivamente prodotta dalla globalità delle utenze non domestiche, dando luogo per differenza alla quantità di rifiuti da attribuire alle utenze domestiche. In formule: Qnd = Σ Kd(ap) . Stot(ap) Qd = QT – Qnd dove: Qnd = quantità di rifiuti (in kg) complessivamente prodotta dalle utenze non domestiche; Kd(ap) = coefficiente di produttività attribuito a una determinata tipologia di attività (tab. 4a e 4b) Stot(ap) = superficie complessiva imponibile relativa a una determinata tipologia di attività Qd = quantità di rifiuti (in kg) complessivamente prodotta dalle utenze domestiche; QT = quantità di rifiuti (in kg) complessivamente prodotta da tutte le utenze, domestiche e non.
Sulla base delle due quantità QTd e QTnd è quindi possibile effettuare una ripartizione “tecnica” dei costi variabili tra utenze domestiche e utenze non domestiche, in proporzione appunto alla quota di rifiuti prodotti rispetto al totale. In formule: CVd = CV * (Qd/QT)
CVnd = CV * (Qnd/QT)
Gli stessi rapporti Qd/QT e Qnd/QT possono essere utilizzati quali indici di riferimento per ripartire altresì i costi fissi. In formule: Cfd = CF * (Qd/QT)
Cfnd = CF * (Qnd/QT)
L’accennata distribuzione “tecnica” dei costi tra le due macrocategorie di utenze va però modificata per assicurare la riduzione per la raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche, prevista dall’art. 14, comma 17, d.l. 201/2011. Riduzione che, secondo quanto specifica l’art. 7, comma 1, D.P.R. 158/1999, deve operare abbattendo la parte variabile della tariffa per una quota, determinata dall’ente locale, proporzionale ai risultati, singoli o collettivi, raggiunti dalle utenze in materia di conferimento a raccolta differenziata, cosicché i costi variabili a carico delle utenze domestiche vengono ad essere fissati in misura inferiore a quella “tecnica”. In particolare, è possibile “accreditare” alle utenze domestiche: a) una percentuale dei proventi derivanti dalle frazioni avviate al recupero o al riciclo superiore a quella tecnicamente loro imputabile; oppure b) un importo pari ad una frazione del costo evitato di smaltimento finale, determinato in base al quantitativo di rifiuti raccolti in maniera differenziata. Il costo evitato di smaltimento è pari a Qr.Cs, dove Qr è la quantità totale della raccolta differenziata e Cs il costo di smaltimento; la quota da accreditare alle utenze domestiche è pari a α.Qr.Cs, dove α è la percentuale di accredito. Poiché Qr.Cs può assumere valori molto elevati, la percentuale α dovrà essere fissata in misura piuttosto modesta. c) una percentuale legata all’incremento nella percentuale globale di raccolta differenziata ottenuta nell’anno precedente, eventualmente all’interno di prefissati limiti minimi e massimi. Al riguardo si rimarca che: • il metodo non indica la misura massima di tale “accredito” che appare espressione di indirizzo politico dell’ente locale senza obbligo di specifica motivazione sul punto; • la riduzione in esame non va controbilanciata da una specifica copertura finanziaria a carico del comune, giacché manca del tutto una previsione simile a quelle di cui al comma 19 dell’art. 14 (o nella TARSU all’art. 67, comma 3, d.lgs. 507/93); • il principio di piena copertura dei costi implica che la riduzione riconosciuta alle utenze domestiche debba essere “addebitata” alle utenze non domestiche, aggiungendola ai costi variabili di queste ultime. In definitiva, quindi, si ha il seguente schema.
•con la delibera di fissazione delle tariffe bisogna determinare: •per la parte variabile delle utenze domestiche: ▪il coefficiente Kb (coefficiente proporzionale di produttività per numero di componenti del nucleo familiare) •per la parte fissa delle utenze non domestiche: ▪il coefficiente Kc (coefficiente potenziale produzione) •per la parte variabile delle utenze non domestiche: ▪il coefficiente Kd (coefficiente produzione Kg/m2anno)
Tariffa: oParte fissa: oin relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti oParte variabile: orapportata alla quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione
La tariffa è articolata per fasce di utenza domestica e non domestica
La tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale, ed in particolare alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e qualità dei servizi da fornire, secondo modalità stabilite dal comune
Tariffa per le utenze domestiche: oParte fissa: oè determinata in modo da privilegiare i nuclei familiari più numerosi e le minori dimensioni dei locali oParte variabile: oè rapportata ai Kg di rifiuti differenziati ed indifferenziati prodotti da ciascuna utenza. Gli enti locali che non abbiano validamente sperimentato tecniche di calibratura individuale degli apporti possono applicare un sistema presuntivo, prendendo a riferimento la produzione media comunale procapite, desumibile da tabelle predisposte annualmente sulla base dei dati elaborati dalla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti
Tariffa per le utenze non domestiche: Si applica alle comunità, alle attività commerciali, industriali, professionali e produttive in genere oParte fissa: ocoefficiente di potenzialità di produzione dei rifiuti per unità di misura (stabilito dal Comune tra un minimo ed un massimo) oParte variabile: oquantità di rifiuti effettivamente prodotta da ciascuna utenza. Gli enti locali non ancora organizzati applicano un sistema presuntivo, prendendo a riferimento, per ciascuna tipologia di attività, la produzione annua per mq ritenuta congrua nell’ambito degli intervalli determinati
Tariffa di riferimento: La tariffa di riferimento deve coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani e deve rispettare la seguente equivalenza: Tn = (CG + CC)n-1 (1 + IPn - Xn) + CKn Tn = totale delle entrate tariffarie di riferimento CGn-1 = costi di gestione del ciclo dei servizi attinenti i rifiuti solidi urbani dell’anno precedente CCn-1 = costi comuni imputabili alle attività relative ai rifiuti urbani dell’anno precedente IPn = inflazione programmata per l’anno di riferimento Xn = recupero di produttività per l’anno di riferimento CKn = costi d’uso del capitale relativi all’anno di riferimento
Nel Tares “tributo” l’IVA non è detraibile e non va addebitata agli utenti
Suddivisione della tariffa: La tariffa si compone di due parti: "Parte fissa "Parte variabile T = TF + TV dove: T = tariffa TF = tariffa fissa TV = tariffa variabile
Suddivisione della tariffa: La parte fissa (TF) deve coprire i costi indicati nella seguente equivalenza: TF = CSL + CARC + CGG + CCD + AC + CK dove: CSL = Costi Spazzamento e Lavaggio strade e piazze pubbliche CARC = Costi Amministrativi dell’Accertamento, della Riscossione e del Contenzioso CGG = Costi Generali di Gestione CCD = Costi Comuni Diversi AC = Altri Costi CK = Costi d’uso del capitale Gli enti locali che conferiscono a smaltimento i rifiuti indifferenziati presso impianti di terzi, richiedono che il soggetto gestore dell’impianto evidenzi, all’interno del prezzo richiesto, la quota relativa ai costi riconducibili all’impiego del capitale (CK), al fine di attribuirli nella parte fissa della tariffa
La parte variabile (TV) deve coprire i costi indicati nella seguente equivalenza: TV = CRT + CTS + CRD + CTR dove: CRT = Costi di Raccolta e Trasporto RSU CTS = Costi di Trattamento e Smaltimento RSU CRD = Costi di Raccolta Differenziata per materiale CTR = Costi di Trattamento e Riciclo (al netto dei proventi della vendita di materiale ed energia derivante da rifiuti)
Tariffa utenze domestiche: oQuota fissa: TFd(n, S) = Quf · S · Ka(n) dove: TFd(n, S) = Quota fissa della tariffa per un’utenza domestica con n componenti il nucleo familiare e una superficie pari a S n = Numero di componenti del nucleo familiare S = Superficie dell’abitazione (m2) Quf = Quota unitaria (€/m2), determinata dal rapporto tra i costi fissi attribuibili alle utenze domestiche e la superficie totale delle abitazioni occupate dalle utenze medesime, corretta per il coefficiente di adattamento (Ka)
Quf = Ctuf/aStot(n) · Ka(n) dove: Ctuf = Totale dei costi fissi attribuibili alle utenze domestiche Stot(n) = Superficie totale delle utenze domestiche con n componenti del nucleo familiare Ka(n) = Coefficiente di adattamento che tiene conto della reale distribuzione delle superfici degli immobili in funzione del numero di componenti del nucleo familiare costituente la singola utenza. I valori di tali coefficienti sono riportati nelle tabelle 1a e 1b e sono stati elaborati per le tre aree geografiche e per comuni con popolazione superiore e inferiore ai 5000 abitanti rispettivamente, sulla base dei dati ISTAT
Tabella 1a - Coefficienti per l’attribuzione della parte fissa della tariffa alle utenze domestiche
Tabella 1b - Coefficienti per l’attribuzione della parte fissa della tariffa alle utenze domestiche
Definizione dell’Area Geografica in accordo con la suddivisione ISTAT. Nord: Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna; Centro: Toscana, Umbria, Marche, Lazio; Sud: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna
oQuota variabile: TVd = Quv · Kb(n) · Cu dove: TVd = Quota variabile della tariffa per un’utenza domestica con n componenti il nucleo familiare. Quv = Quota unitaria, determinata dal rapporto tra la quantità totale di rifiuti prodotta dalle utenze domestiche e il numero totale delle utenze domestiche in funzione del numero di componenti del nucleo familiare delle utenze medesime, corrette per il coefficiente proporzionale di produttività (Kb) Cu = Costo unitario (€/kg). Tale costo è determinato dal rapporto tra i costi variabili attribuibili alle utenze domestiche e la quantità totale di rifiuti prodotti dalle utenze domestiche
Quv = Qtot/n N(n) · Kb(n) dove: Qtot = Quantità totale di rifiuti N(n) = Numero totale delle utenze domestiche in funzione del numero di componenti del nucleo familiare. Kb (n) = Coefficiente proporzionale di produttività per utenza domestica in funzione del numero dei componenti del nucleo familiare costituente la singola utenza. I valori di tali coefficienti sono riportati nella tabella 2.
Tabella 2 - Coefficienti per l’attribuzione della parte variabile della tariffa alle utenze domestiche
Tariffa utenze non domestiche: oQuota fissa: TFnd(ap, Sap) = Qapf · Sap (ap) · Kc(ap)
dove: TFnd(ap, Sap) = Quota fissa della tariffa per un’utenza non domestica di tipologia di attività produttiva ap e una superficie pari a Sap. Sap = Superficie dei locali dove si svolge l’attività produttiva. Qapf = Quota unitaria (€/m2), determinata dal rapporto tra i costi fissi attribuibili alle utenze non domestiche e la superficie totale dei locali occupati dalle utenze medesime, corretta per il coefficiente potenziale di produzione (Kc)
Qapf = Ctapf/ap Stot(ap) · Kc(ap)
dove: Ctapf = Totale dei costi fissi attribuibili alle utenze non domestiche. Stot(ap) = Superficie totale dei locali dove si svolge l’attività produttiva ap. Kc (ap) = Coefficiente potenziale di produzione che tiene conto della quantità potenziale di produzione di rifiuto connesso alla tipologia di attività. Gli intervalli dei valori attribuibili a tale coefficiente, che dovrà essere determinato dall’ente locale, sono riportati nelle tabelle 3a e 3b e sono stati elaborati per le tre aree geografiche e per comuni con popolazione superiore e inferiore ai 5000 abitanti rispettivamente.
Tabella 3a - Coefficienti per l’attribuzione della parte fissa della tariffa alle utenze non domestiche
I coefficienti potenziali di produzione si intendono come parametri di rapporto tra le varie categorie di utenza.
Tabella 3b - Coefficienti per l’attribuzione della parte fissa della tariffa alle utenze non domestiche
I coefficienti potenziali di produzione si intendono come parametri di rapporto tra le varie categorie di utenza.
oQuota variabile: TVnd(ap,Sap) = Cu · Sap(ap) · Kd(ap)
dove: TVnd(ap, Sap) = Quota variabile della tariffa per un’utenza non domestica di tipologia di attività produttiva ap e una superficie pari a Sap. Cu = Costo unitario(€/kg). Tale costo è determinato dal rapporto tra i costi variabili attribuibili alle utenze non domestiche e la quantità totale di rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche. Sap = Superficie dei locali dove si svolge l’attività produttiva; Kd(ap) = Coefficiente potenziale di produzione in kg/m2 anno che tiene conto della quantità di rifiuto minima e massima connessa alla tipologia di attività. Nelle tabelle 4a e 4b sono riportati, per le tre aree geografiche per comuni con popolazione superiore e inferiore ai 5.000 abitanti rispettivamente, gli intervalli di variazione di tali coefficienti in proporzione alle tipologie di attività.
Tabella 4a - Interventi di produzione kg/m2 anno per l’attribuzione della parte variabile della tariffa alle utenze non domestiche
Tabella 4b - Intervalli di produzione kg/m2 anno per l’attribuzione della parte variabile della tariffa alle utenze non domestiche
Linee guida del Ministero dell’economia e delle finanze per la redazione del Piano finanziario e per la elaborazione delle tariffe(194)
File per la elaborazione delle tariffe predisposto dal Ministero dell’economia e delle finanze(195) |