3.4. La base imponibile

   

Le modalità di definizione della base imponibile sono contenute nei commi da 645 a 649 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.

In particolare, riproponendo la medesima disciplina già prevista per la Tares, è stabilito che per le aree scoperte e per i fabbricati diversi da quelli rientranti nei gruppi catastali A, B e C la base imponibile è costituita dalla superficie utile calpestabile.

Quest’ultima, come definita dall’Agenzia del territorio (ora entrate) è data dalla superficie al netto dei muri interni, dei pilastri e di quelli perimetrali. Dalla superficie sono, inoltre, esclusi i locali con altezza inferiore a 1,5 mt, le rientranze o sporgenze realizzate per motivi estetici, salvo che non siano fruibili, le scale, i pianerottoli ed i ballatoi comuni, le scale all’interno dell’unità immobiliari da considerare solo per la proiezione orizzontale e i locali tecnici.

Parimenti, per unità immobiliari a destinazione ordinaria (gruppi catastali A, B e C) iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano la base imponibile è costituita dalla superficie utile calpestabile.

La predetta superficie sarà sostituita (non è prevista una data) da quella catastale (nella misura dell’80%) a seguito dell’attuazione delle procedure di interscambio tra l’Agenzia delle entrate e i Comuni dei dati relativi alla superficie di dette unità immobiliari, corredate di planimetria, secondo la disciplina stabilita con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 marzo 2013. Quando saranno allineati i dati, i Comuni dovranno comunicare ai contribuenti le nuove superfici imponibili adottando le più idonee forme di comunicazione in modo da garantire l’effettiva conoscenza da parte dei contribuenti.

Come previsto dalla lettera d-bis) del comma 1 dell’art. 2 del decreto legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, l’utilizzo delle superfici catastali per il calcolo della Tari decorre dal 1° gennaio successivo alla data di emanazione di un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, previo accordo da sancire in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che attesta l’avvenuta completa attuazione dell’allineamento dei dati sopra descritto.

 

Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 marzo 2013

L’Agenzia delle Entrate rende disponibili ai Comuni i dati relativi alla superficie catastale, determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, con riferimento alle unità immobiliari a destinazione ordinaria, iscritte in catasto e corredate di planimetria.

L’Agenzia rende disponibili ai Comuni, ai fini delle attività di accertamento di cui all’art. 14, comma 9, del decreto legge n. 201 del 2011, i dati relativi alla superficie determinata scorporando, per le sole destinazioni abitative, le superfici di balconi, terrazzi e aree scoperte pertinenziali e accessorie, comunicanti o non comunicanti.

La data dalla quale è assicurata la fruibilità dei dati di cui ai commi precedenti è stabilita con apposito comunicato del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato sul sito internet della stessa Agenzia.

I Comuni, laddove riscontrino scostamenti significativi della superficie rispetto ai dati in loro possesso, possono segnalare tali incongruenze all’Agenzia.

I canali di comunicazione utilizzati per l’interscambio dei dati sono costituiti dalle piattaforme informatiche denominate “Portale per i Comuni” e “Sistema di Interscambio”.

L’interscambio dei dati di cui all’articolo 2 viene effettuato secondo le regole tecniche pubblicate sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, nell’area relativa alle attività già di competenza dell’Agenzia del Territorio, all’indirizzo: http://www.agenziaterritorio.it/site.php?id=6255.

 

Ai fini della costruzione dell’archivio Tari, si considerano le superfici dichiarate o accertate ai fini dei precedenti prelievi sui rifiuti (Tarsu, Tia1, Tia2 e Tares).

Ancorché, come sopra ricordato, ai fini dell’adempimento volontario, la determinazione della base imponibile con riferimento all’80% della superficie catastale è stata differita senza tempo, in sede di accertamento il Comune, per le predette unità immobiliari a destinazione ordinaria, iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, può considerare come superficie assoggettabile al tributo quella pari all’80% della superficie catastale, determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138.

La predetta disposizione è foriera di contenzioso atteso che non è chiarito se la scelta del Comune deve essere preventiva e generale (deve essere adottata prima dei termini previsti per l’adempimento volontario per le singole annualità della tassa e deve essere la medesima per tutte le tipologie di fabbricati) ovvero può essere successiva e puntuale (può essere adottata a conclusione del termine previsto per l’adempimento volontario e può essere diversificata per le diverse tipologie di fabbricato); inoltre, non è chiaro se si tratta di una presunzione assoluta ovvero il contribuente può comunque dimostrare che la superficie calpestabile è inferiore a quella catastale.

Infine, si rileva che nella determinazione della superficie imponibile non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano “in via continuativa e prevalente” rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.

Detta disposizione, diversamente da quanto era previsto per la Tares che stabiliva l’esclusione dalla base imponibile per le superficie ove si producevano “di regola” i rifiuti speciali non assimilabili ovvero non assimilati agli urbani, tende a contrarre la base imponibile con evidenti ripercussioni sul carico fiscale degli altri contribuenti, atteso che il gettito della tassa deve comunque coprire interamente il costo del servizio.

Ai sensi della lettera e) del comma 1 dell’art. 2 del decreto legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, l’utilizzo con il proprio regolamento il Comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione.

A tal fine, il Ministero con la risoluzione n. 2/DF del 9 dicembre 2014(196) ha fornito la interpretazione sulle superfici tassabili relative ad una attività industriale di produzione di tubi in acciaio senza saldatura.

 

Definizione:

Ai sensi dell’art. 184 del decreto legislativo n. 152 del 2006, i rifiuti si distinguono:

•        secondo l’origine in:

–        rifiuti urbani (prevalentemente quelli provenienti dalle utenze domestiche): il produttore deve conferirli al servizio pubblico e deve pagare la tassa

–        rifiuti speciali (provenienti dalle utenze non domestiche)

•        secondo le caratteristiche di pericolosità:

–        rifiuti pericolosi (non assimilabili ai rifiuti urbani e che devono essere smaltiti da chi li produce): il produttore non può conferirli al servizio pubblico e non deve pagare la tassa

–        rifiuti non pericolosi (assimilabili ai rifiuti urbani, per qualità e quantità):

•        se non assimilati ovvero se la produzione supera i limiti quantitativi stabiliti: sono trattati come i rifiuti pericolosi

•        se assimilati: sono trattati come i rifiuti urbani

 

Rifiuti pericolosi e/o non assimilati

Art. 1, comma 649, della legge n. 147 del 2013

Primo periodo: nella determinazione della superficie assoggettabile alla Tari non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente (nella TARES era indicato “di regola”), rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori (queste ultime parole non erano previste nella TARES), a condizione che ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente

a)        Riguarda soltanto la parte di superficie dove si producono i rifiuti pericolosi e/o non assimilati (non tutta la superficie occupata) e i rifiuti assimilati

b)        In via continuativa: con regolarità (“di regola”), ricorrenza, stabilità (non in modo occasionale)

a)        Prevalente: nella parte di superficie interessata (sub a) la quantità (peso/volume) di rifiuti pericolosi e/o non assimilati prodotti è maggiore rispetto a quella di rifiuti assimilati

b)        Il produttore deve dimostrare l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente

 

Terzo periodo: con regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione

a)        attiene alle aree dove si producono solo rifiuti speciali non assimilabili

b)        la previsione regolamentare è obbligatoria

c)        magazzini: sia coperti sia scoperti

d)        materie prime e merci: materie prime, semilavorati o prodotti finiti

e)        funzionalmente collegati: superficie del magazzino proporzionale all’esigenza del ciclo produttivo

f)        esclusivamente collegati:

rientrano solo i magazzini collegati ad aree dove si producono esclusivamente rifiuti speciali non assimilabili

non rientrano i magazzini utilizzati, anche se soltanto parzialmente:

oper materie prime e merci derivanti da un diverso ciclo produttivo rispetto a quello cui sono collegati

oper attività diverse, ad es. esposizione e/o vendita

 

Quarto periodo: al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l’ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 256, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152

Art. 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006

pena dell’arresto da 3 mesi a 1 anno o ammenda da € 2.600 a € 26.000 se si tratta di rifiuti non pericolosi

pena dell’arresto da 6 mesi a 2 anni e ammenda da € 2.600 a € 26.000 se si tratta di rifiuti pericolosi

 

 

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