2.4.1.1. i fabbricati iscritti in catasto con attribuzione di rendita

   

Ai sensi del quarto comma dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011, la base imponibile per i fabbricati iscritti in catasto con attribuzione della rendita si ottiene utilizzando la rendita risultante al 1° gennaio di ciascun anno d’imposta. Detta rendita è rivalutata del 5% e moltiplicata per i seguenti coefficienti:

gruppo catastale A (con esclusione della categoria A/10) = 160

categoria catastale A/10 = 80

gruppo catastale B = 140

categoria catastale C/1 = 55

categorie catastali C/2, C/6 e C/7 = 160

categorie catastali C/3, C/4 e C/5 = 140

gruppo catastale D (con esclusione della categoria D/5) = 65 (per il solo anno 2012 il moltiplicatore era fissato in 60)

categoria catastale D/5 = 80

 

Esempi di calcolo della base imponibile

Fattispecie

Rendita

Rivalutazione

Rendita rivalutata

Coefficiente

Base imponibile

Abitazione

€ 1.000

5%

€ 1.050

160

€ 168.000

Box

€ 1.000

5%

€ 1.050

160

€ 168.000

Negozio

€ 1.000

5%

€ 1.050

55

€ 57.750

Laboratorio artigiano

€ 1.000

5%

€ 1.050

140

€ 147.000

Edificio pubblico

€ 1.000

5%

€ 1.050

140

€ 147.000

Ufficio/studio

€ 1.000

5%

€ 1.050

80

€ 84.000

Opificio

€ 1.000

5%

€ 1.050

60

€ 63.000

Banca

€ 1.000

5%

€ 1.050

80

€ 84.000

 

 

Classificazione

ICI

IMU

Incremento

Gruppo A (abitazioni) tranne A/10 (uffici); C/2 (depositi), C/6 (stalle, autorimesse senza scopo di lucro), C/7 (tettoie)

100

160

60%

Gruppo catastale B (caserme, comunità, edifici pubblici)

140

140

0%

C/3 (locali artigiani), C/4 (fabbricati ad uso sportivo senza scopo di lucro), C/5 (locali balneari senza scopo di lucro)

100

140

40%

A/10 (uffici)

50

80

60%

D/5 (istituti di credito, cambio e assicurazioni)

50

80

60%

Gruppo catastale D (edifici industriali e commerciali) tranne D/5 (istituti di credito, cambio e assicurazioni)

50

65

(60 per l’anno 2012)

30%

(20% per l’anno 2012)

C/1 (negozi)

34

55

61,8%

 

 

In un primo momento, a differenza di quanto previsto per l’ICI, per l’imposta municipale propria non era disciplinata alcuna agevolazione per i fabbricati inagibili o inabitabili e per quelli di interesse storico-artistico.

Successivamente, per dette fattispecie, l’art. 4, comma 5, lettera b), del decreto legge n. 16 del 2012 ha disposto la riduzione del 50% della base imponibile come sopra determinata.

In particolare, la base imponibile è ridotta del 50% per i fabbricati divenuti inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale persiste lo stato di inagibilità o di inabitabilità.

La riduzione riguarda i fabbricati, in precedenza agibili o abitabili, divenuti inagibili o inabitabili (fabbricati fatiscenti, diroccati, pericolanti) a seguito di un degrado fisico sopravvenuto (ad esempio a seguito di una calamità naturale), non superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.

Ne consegue che la riduzione non deve essere riconosciuta a fabbricati che non sono mai stati agibili o abitabili come, ad esempio, nel caso di fabbricati non ancora ultimati.

Ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, il Comune può disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione.

Ulteriore condizione per beneficiare dell’agevolazione è che comunque il fabbricato non sia di fatto utilizzato; ne consegue che se il fabbricato, ancorché dichiarato inagibile o inabitabile a seguito di un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, fatiscente, pericolante, ecc.), di fatto è utilizzato, non è possibile riconoscere la riduzione del 50% della base imponibile.

All’accertamento dell’inagibilità o dell’inabitabilità vi provvede l’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione; in alternativa il contribuente ha la facoltà di autocertificare lo stato di inagibilità o di inabitabilità.

Pertanto, la riduzione non è automatica ma deve essere di volta in volta provata dal contribuente.

Parimenti, la base imponibile è ridotta del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico individuati dall’art. 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Dette unità immobiliari possono essere sia di proprietà pubblica sia privata.

Ai fini della dichiarazione di interesse storico o artistico, per gli immobili di proprietà di un privato (sia persona fisica sia persona giuridica) è previsto un complesso procedimento che si conclude con la emanazione della così detta “dichiarazione di interesse”, avente valore costitutivo, e, cioè, con effetti ex nunc, con la quale la competente autorità accerta la sussistenza del requisito di legge ed impone al proprietario il rispetto dei conseguenti vincoli previsti per la tutela di detti beni. La dichiarazione deve essere notificata al proprietario ed è trascritta presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.

Per gli immobili di proprietà pubblica ovvero di una persona giuridica senza scopo di lucro, invece, la “dichiarazione di interesse” non è necessaria, in quanto, come si evince dall’articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, la qualità di “bene culturale” discende direttamente dalla legge. Ne consegue che, in tale ipotesi, la relativa storicità è da considerarsi acquisita con effetti ex tunc, con la conseguenza che, qualsiasi certificazione rilasciata dall’organo competente in ordine alla sussistenza dell’interesse storico od artistico, o qualsiasi altro riconoscimento formale,  assume solo valore dichiarativo del vincolo.

Ai fini del classamento, con la circolare dell’Agenzia del Territorio n. 5 del 9 ottobre 2012(62) è stato chiarito che l’accatastamento non è “legato” al riconoscimento dell’interesse storico od artistico. In particolare:

un immobile di interesse storico od artistico mantiene, comunque, la categoria di appartenenza in ragione delle proprie caratteristiche e, quindi, non necessariamente deve essere accatastato in categoria A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici);

l’inquadramento nella categoria A/9 non comporta necessariamente che l’immobile sia di interesse storico o artistico ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004.

Le stesse considerazioni valgono anche per la categoria A/11 (abitazioni tipiche dei luoghi) quali, ad esempio, i “sassi” o i “trulli”.

Ciò premesso, il contribuente può richiedere che nella visura catastale venga annotato il riconoscimento dell’interesse storico o artistico. In tal caso, nella domanda di annotazione devono essere anche indicati gli estremi della trascrizione nei registri immobiliari del provvedimento di dichiarazione o di verifica (per gli immobili di proprietà pubblica ovvero di una persona giuridica senza scopo di lucro) dell’interesse culturale.

Nelle annotazioni è indicato: “Immobile riconosciuto di interesse culturale, ai sensi del DLgs n. 42 del 2004 – Nota di trascrizione del xx/xx/xxxx, Reg. gen. n. xxxxxx”.

L’annotazione viene riportata solo se nel provvedimento di riconoscimento dell’interesse culturale l’unità immobiliare è univocamente individuata con gli identificativi catastali. L’annotazione non può essere, invece, associata a fabbricati privi di rendita.

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