2.5.3.1. l’aliquota base |
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L’aliquota base, applicabile a tutti gli immobili eccetto quelli descritti nei paragrafi successivi, è stabilita dal legislatore nella misura dello 0,76%. Il Comune, però, con deliberazione del Consiglio Comunale, adottata ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, può variarla, in aumento ovvero in riduzione, sino a 0,3 punti percentuali. Pertanto, l’aliquota base può essere stabilita da un minimo dello 0,46% ad un massimo dell’1,06%. Si evidenzia che il Ministero (con la circolare n. 3/DF del 2012(1)) ha affermato che: “Occorre precisare che sia il limite minimo sia quello massimo costituiscono dei vincoli invalicabili da parte del comune, il quale, nell’esercizio della sua autonomia regolamentare, può esclusivamente manovrare le aliquote, differenziandole sia nell’ambito della stessa fattispecie impositiva, sia all’interno del gruppo catastale, con riferimento alle singole categorie. Si deve, comunque, sottolineare che la manovrabilità delle aliquote deve essere sempre esercitata nel rispetto dei criteri generali di ragionevolezza e non discriminazione. Il legislatore, nel riconoscere la facoltà di manovrare le aliquote nel rispetto dei citati limiti, ha voluto salvaguardare al contempo la quota del gettito riservata allo Stato e un gettito al comune seppur minimo”. Il Comune può, altresì, ridurre l’aliquota base fino allo 0,4% nei seguenti casi: ❖immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell’articolo 43 del TUIR; ❖immobili posseduti dai soggetti passivi IRES; ❖immobili locati (come chiarito dal Ministero con la circolare n. 3/DF del 2012(1), la possibilità non è limitata solo ai fabbricati locati ma è estesa anche ai terreni affittati).
Immobili non produttivi di reddito fondiario (art. 43 TUIR): - immobili relativi ad imprese commerciali - immobili che costituiscono beni strumentali per l’esercizio di arti e professioni.
Soggetti passivi IRES (art. 73 TUIR): a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
Comodato e locazione
Il comodato è disciplinato dagli artt. da 1803 a 1812 del codice civile. Il comodato è il contratto mediante il quale una parte (comodante) consegna ad un’altra (comodataria) una cosa mobile o un immobile affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato con l’obbligo di restituire la medesima cosa ricevuta. La restituzione deve avvenire alla scadenza del termine convenuto ovvero dell’uso determinato; tuttavia, se sopravviene un urgente ed imprevedibile bisogno del comodante, questi può esigerne la restituzione immediata. Se nel comodato non è stato stabilito un termine né questo risulta dall’uso determinato, il comodatario deve restituire il bene non appena il comodante lo richiede. Il “comodato è essenzialmente gratuito”, in quanto, se vi fosse un pagamento in denaro, ci troveremmo di fronte ad un altro tipo di contratto e cioè alla locazione. Esiste tuttavia il comodato oneroso, che si verifica allorquando chi riceve in comodato il bene si obbliga ad adempiere ad una prestazione che, tuttavia, non assurge a corrispettivo del godimento. Esempio: la concessione in comodato della propria villa per il periodo estivo, in cambio della semina dell’erba in giardino, e della cura delle siepi. La Cassazione ha qualificato come oneroso un comodato che prevedeva, da parte del comodatario, il pagamento di una somma periodica idonea al solo rimborso delle spese (Cass. 2001, n. 3021). In alcuni casi è possibile che il contratto di comodato preveda un risarcimento per le spese vive della cosa: caso frequente è che il condominio negli immobili sia a totale carico del comodatario (colui che ha ricevuto la cosa). Il comodatario non può concedere a terzi il godimento della cosa senza il consenso del comodante.
La locazione è il contratto con il quale una parte, detta locatore, si obbliga a fare utilizzare a un altro soggetto (conduttore o locatario) una cosa per un dato tempo, in cambio di un determinato corrispettivo (pigione). Il contratto di locazione può essere a tempo determinato o senza determinazione di tempo (in quest’ultimo caso una delle parti può recedere dal contratto quando vuole, dandone disdetta con un congruo preavviso). La durata del contratto è fissata dalle parti: non può essere inferiore a una giornata ma neanche superiore a trent’anni. Il contratto di locazione ultranovennale deve essere trascritto. Salvo patto contrario il conduttore ha la possibilità di sublocare il bene, ma non può cedere il contratto.
Le misure sopra descritte sono state determinate dal decreto legge n. 201 del 2011 che ha reso incompatibile le disposizioni contenute nell’art. 8, commi da 5 a 7 del decreto legislativo n. 23 del 2011. Quest’ultimo prevedeva la medesima aliquota base (0,76%), anch’essa modificabile, in aumento ovvero in diminuzione, sino a 0,3 punti percentuali. Per gli immobili locati, però, l’aliquota base era ridotta alla metà e la leva fiscale era limitata a 0,2 punti percentuali. Inoltre, per gli immobili relativi ad imprese commerciali e per quelli che costituiscono beni strumentali per l’esercizio di arti e professioni nonché per gli immobili posseduti dai soggetti passivi IRES l’aliquota base poteva essere ridotta fino alla metà anche limitatamente a determinate categorie di immobili.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13, comma 9bis, del decreto legge n. 201 del 2011, aggiunto dall’art. 56 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, il Comune può ridurre l’aliquota di base fino allo 0,38% nel caso di fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni dall’ultimazione dei lavori. |